Arrivano loro e portano l’oro!
È il 568 d.C. e il re Alboino cappeggia la discesa dei “guerrieri dalle lunghe barbe” oltre le Alpi Giulie sino al cuore dell’Italia.
La loro avanzata è capillare e la fondazione del Regno è imminente, ma è soprattutto nei principali centri del potere (Pavia, Cividale del Friuli, Nocera Umbra e Benevento) che si diffonde in maniera improvvisa e rapida una particolare usanza funeraria, quella cioè del deporre nelle sepolture delle piccole croci in lamina d’oro.

L’oreficeria è considerata l’arte per antonomasia di quelle popolazioni germaniche, da sempre definite barbare nei libri di scuola, che varcarono i confini dell’Impero Romano d’Occidente all’alba della sua caduta. Anche le officine longobarde seppero distinguersi in questa manifattura con esiti originali e di qualità.

Le crocette funerarie del Regno d’Italia presentano una sagoma a croce greca (in cui gli assi hanno le medesime dimensioni) e si trovano posizionate in prossimità del volto o lungo il busto di defunti di entrambi i sessi. La presenza di forellini alle estremità dei bracci fa pensare che esse fossero cucite al sudario che avvolgeva i corpi nelle tombe. Le croci sono a superficie liscia oppure decorate a sbalzo, tecnica che prevede una lavorazione a cesello sul rovescio del pezzo così da ottenere un disegno in rilievo sulla faccia opposta della lamina.

È sorprendente come questi oggetti non trovino precedenti in Pannonia, regione tra l’Ungheria occidentale e l’Austria orientale dalla quale provenivano i Longobardi prima della migrazione in Italia. Eppure, nel repertorio decorativo delle crocette si intravedono richiami alla tradizione più antica. Infatti, anche se le crocette sono comunemente ritenute il riflesso dell’avvenuta cristianizzazione del popolo longobardo, i motivi animalistici, non graditi al Papato perché simboleggiavano il peccato, tradiscono un processo di conversione tutt’altro che lineare e spiritualmente sentito.

L’adesione al Cristianesimo appare più come un’opportunità finalizzata ad appoggi politici e conosce il mantenimento di pratiche religiose tipiche del paganesimo delle origini. Non fanno eccezione nemmeno le croci con rappresentato il volto di Gesù. Infatti in alcuni casi, secondo una visione politeistica, il Cristo veniva invocato come autorità suprema senza necessariamente sostituirsi a Odino e Thor, le due principali divinità della saga nordica. In altri casi, invece, apporre un volto sulla crocetta aveva un valore magico, proprio come avveniva sulle monete che di frequente fungevano da amuleti.

Talvolta le crocette realizzate per esprimere pietà verso i defunti e per assicurare loro salvezza vengono confuse con le crocette votive, più spesso però impreziosite da gemme e pietre dure incastonate. Ne è un famoso esempio quella di Gisulfo di Cividale del Friuli. Non è comunque escluso che alcuni esemplari nati per scopi devozionali abbiano in un secondo momento trovato una destinazione funeraria.

Quello che è certo è che queste croci dovevano appartenere a personaggi di estrazione medio-alta, in grado di sostenere economicamente l’approvvigionamento di materie prime costose e di ingaggiare artigiani specializzati. È probabile che essi ricoprissero funzioni civili in ambito cittadino tanto da giustificare la volontà di porsi in dialogo con le gerarchie della Chiesa Romana.

 

Testo: Chiara Reggio – Archeologa e Copywriter

Riferimenti bibliografici:

  • Giostra C. (2017) “Verso l’aldilà: i riti funerari e la cultura materiale” in Brogiolo G.P., Marazzi F., Giostra C., (a cura di) I Longobardi. Un popolo che cambia la storia. Catalogo della mostra, ed. Skira pp. 60-67.
  • Giostra C. (2010) “Le croci in lamina d’oro: origine, significato e funzione” in Sannazzaro M., Giostra C. (a cura di) Petala aurea. Lamine di ambito bizantino e longobardo dalla collezione Rovati. Catalogo della mostra, Cappella della Villa Reale di Monza – 15 dic. 2010-16 gen. 2011, Johan&Levi editore, pp. 129-140
  • Giostra C. (2007) “Luoghi e segni della morte in età longobarda: tradizione e transizione nelle pratiche dell’aristocrazia” in Brogiolo G.P., Chavarria Arnau A. (a cura di) Archeologia e Società tra Tardoantico e Alto Medioevo, ed. SAP, pp. 311-344
  • La Rocca C. (2004) “La cristianizzazione dei Barbari e la nascita dell’Europa” in Reti Medievali Rivista V 2004/2, Firenze University Press
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