Nel mese dell’Oktoberfest una pinta di birra non se la nega nessuno (solo una?!).
Esclamare a gran voce “Ein Prosit” ci proietta goliardicamente in una tradizione “altra”, quella dei popoli germanici, riconoscendo nelle Alpi un confine non solo geografico ma anche culturale.
Eppure la birra è una bevanda mediterranea. La sua origine è talmente antica da essere ricondotta ai primordi della coltivazione dei cereali nelle fertili pianure del Vicino Oriente (VII millennio a.C.). La prima ricetta a noi nota si trova scritta in caratteri cuneiformi e risale al 4000 a.C. Perfino il Codice di Hammurabi, quello dell’”occhio per occhio, dente per dente”, ne regolamenta la mescita negli esercizi pubblici del tempo.
A permetterci, però, di sondare la straordinaria importanza di questo nettare è l’Epopea di Gilgameš, il più antico poema epico della Storia, che ci descrive la birra come una vera e propria bevanda di civiltà, perché il sofisticato processo di fermentazione alla base è analogo a quello che si verifica durante la lievitazione del pane. E se il pane è l’alimento primario per eccellenza, non c’è civiltà senza pane…e birra!
Secondo quanto testimoniano ancor oggi alcune popolazioni di Beduini, il pane deriverebbe dalla cottura degli avanzi delle pappe per neonati o anziani, preparate con cereali premasticati. La saliva, intervenuta per ottenere l’effetto omogeneizzato, aveva però la proprietà di trasformare l’amido dei cereali in zuccheri, rapidi a fermentare. Quando le pappe avanzavano (e non si buttavano) se ne bloccava il deterioramento cuocendole. Ecco sfornato il primo pane!
Un procedimento alternativo per evitare l’insalivazione consisteva invece nel far macerare i cereali nell’acqua e successivamente nel pestarli con il mortaio. Si sviluppavano così degli enzimi che svolgevano il medesimo ruolo della saliva, innescando anche in questo caso la fermentazione. Le prime bevande alcoliche sarebbero state prodotte proprio in questa maniera; bastava chiaramente accrescere il quantitativo della base liquida.
Fermentazione e lievitazione suonano appunto come sinonimi e l’agente responsabile di questi processi è il Saccaromyces cerevisiae, un lievito che aggredisce gli zuccheri naturalmente presenti negli ingredienti di partenza, convertendoli in anidride carbonica (la caratteristica schiuma) e alcool. È lo stesso, tra l’altro, che agisce nel vino.
Sul piano della dieta alimentare la birra portava due grandi vantaggi: oltre a fornire apporti nutrizionali, grazie alla fermentazione assicurava la potabilità dell’acqua e scongiurava infezioni batteriche e da vermi.
Ma per gustarla occorrevano degli accorgimenti: i cereali lasciati macerare nell’acqua producevano residui sia sul fondo dei vasi sia in affioramento, a seconda del peso specifico delle componenti del chicco.
Per questo motivo la birra veniva consumata mediante delle cannucce fatte di canne o giunghi, lunghe a sufficienza per raggiungere il ventre del vaso, alto e stretto per ridurre la superficie esposta e per facilitare la risalita delle particelle solide, dove il nettare non era contaminato. Le cannucce terminavano con un’appendice a cono puntellato di piccoli fori che fungeva da filtro.
Numerosi bassorilievi datati già al IV millennio a.C. ritraggono scene di banchetto con cannucce. I più antichi reperti di questo genere sono invece stati trovati a Tel-el-Amarna in Egitto e risalgono al 1350 a.C. Alcuni esemplari di cannucce sono inoltre custoditi al British Museum di Londra.
Sebbene questa antica bevanda venga chiamata nella nostra lingua birra, aveva proprietà organolettiche molto diverse dalla birra attuale. Il tipo di cereale utilizzato, le temperature di fermentazione, la scelta di torrefare o meno i chicchi, l’aggiunta di miele per integrare gli zuccheri determinavano le diverse varianti, ciascuna con una propria denominazione già in antico.
Per esempio, da Saccaromyces cerevisiederiva la cervisia, detta anche vino d’orzo, la birra di origine celtica che si è diffusa in Italia settentrionale attorno al 550 a.C. Il termine spagnolo cervezaconserva memoria di questa bevanda ad alta gradazione alcolica ottenuta dall’orzo tostato e rossa come la livrea dei cervi. Oltretutto è la prima birra prodotta con l’aggiunta di luppolo.
La parola birra cela nella sua etimologia il vocabolo bracis, che in latino significa orzo o malto d’orzo. Deriva dalla radice indoeuropea *bhracche significa fermentare.
Testo: Chiara Reggio – Archeologa e Copywriter
Riferimenti bibliografici:
- Gambari F.M., a cura di (2005) Del vino d’orzo: la storia della birra e del gusto sulla tavola a Pombia. Atti dei convegni “Cervisia : la birra nell’archeologia e nella storia del territorio – Pombia 13/4/2003” e “Spuma Cervisiae : la birra nella tradizione novarese del banchetto, dai dati archeologici ad oggi” – Pombia 19/9/2004, pp. 25-60
- Forni G. (1995) “Nuove luci sulla genesi della panificazione: le fasi della sua evoluzione, le convergenze pluridisciplinari (paleobiologia, mitologia, archeologia, linguistica)” in Nel nome del pane – Associazione “Homo Edens” in collaborazione con la Regione Autonoma Trentino Alto Adige
- Lenger D.S. Birra e cannucce, Università di Akdeniz (Turchia)
- McGovern P.E. (2006) L’archeologo e l’uva. Vite e vino dal Neolitico alla Grecia arcaica, ed. Carocci, pp. 90-93, 112-115, 301-302